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LAP DANCE

Atto unico in quattro scene

 

di Nicola Civinini

 

 

 

PERSONAGGI:

PERSETA – una ragazza albanese di vent’anni

DEMUSCH – suo padre

PAOLO – il compagno di Perseta

 

 

 

SCENA 1

Demush e Perseta

 

Nel buio si sente il rumore di un aereo in volo, poi si intuisce che sta precipitando, infine il crash.

Silenzio. 

Accompagnato da una musica che cresce, si illumina lentamente un pannello che mostra la sagoma, come in un’ombra cinese, di una lap dancer in azione; poi appare il locale in penombra. 

Seduto ad un tavolino, Demush, con un bicchiere di whisky in mano, osserva la performance.

Finisce il numero e, mentre avviene un cambio di musica e  ne sopraggiunge un’altra, la ballerina che abbiamo visto in silhouette indossa una vestaglia ed esce da dietro il pannello: è Perseta.

Demush, vedendola entrare, si alza. 

 

DEMUSH -  Perseta!

 

Un lungo silenzio, si guardano

 

PERSETA – Papà…

 

Rimangono immobili. Lei sembra, oltre che stupita, intimorita.

 

DEMUSH - Perseta…

PERSETA – Cosa vuoi papà? (chiudendosi la vestaglia con imbarazzo)

DEMUSH – (avvicinandosi a lei) Sono qui per te…

 

Perseta indietreggia, lui si ferma

 

PERSETA – Come mi hai trovata?

DEMUSH – Non è stato facile, ma mi conosci (si avvicina di nuovo a lei)

PERSETA – Non avvicinarti. 

 

Demush si ferma di nuovo

 

DEMUSH – Come hai potuto?

 

Silenzio

 

PERSETA – Cosa, papà?

DEMUSH – Come hai potuto farmi questo?

 

Perseta lo guarda, a distanza,  in silenzio, osservandolo come fosse un alieno

 

PERSETA – Come ho potuto ‘farti’ questo ?

DEMUSH –  Sì, sì ! Come hai osato farmi questo?

 

Silenzio 

 

PERSETA – Papà… ma ti stai ascoltando?

DEMUSH – Sei tu che devi ascoltarmi!  Capisci? Tu devi ascoltarmi adesso! (alzando il tono della voce, ma cercando di non farsi sentire da altri)

 

Perseta si tappa le orecchie prendendosi la testa fra le mani, come a non voler udire e cancellare quella voce che ha sentito urlare tante volte

 

PERSETA – Ti prego… non alzare la voce. Ti prego. Papà, non lo sopporto. Non lo sopporto più. (fa per andarsene)

 

Demush cerca di  fermarla  prendendola per un braccio, ma lei si libera e il contatto fisico con il padre le fa avere una reazione forte

 

PERSETA – Non toccarmi! Non ti azzardare a toccarmi! Non mi devi neppure sfiorare.    

DEMUSH – Fermati! (fa come per andarle incontro)

PERSETA – Se ti avvicini griderò più forte della musica, e qualcuno ti sbatterà fuori!

 

Demush si blocca, colpito dalle ultime parole.

 

DEMUSH – Sbattere fuori? Sbattere fuori tuo padre? Cosa stai dicendo? Vieni qui, Perseta, sono tuo padre… (apre le braccia come a volerla accogliere)

PERSETA – Ma guarda… adesso sei mio padre. Davvero?  (sospettosa)

DEMUSH – Ma cosa dici?

PERSETA – Per favore lasciami in pace, torna ai tuoi viaggi, vai dai tuoi amici. Torna al tuo lavoro. È troppo tardi adesso. (fa per andarsene)

DEMUSH  - Non è vero, ascolta… da quando è morto Arian io non ho più…

PERSETA – (lo interrompe) ti prego non parlare di Arian, ti prego. Perché sei venuto a cercarmi? Io non sono mai stata tua figlia. Non basta avere gli stessi geni. 

DEMUSH – Torna a casa con me. Che stai facendo qui? 

PERSETA – Povero Arian…

DEMUSH – Abbiamo detto di non parlare di lui…

PERSETA – Perché? Se ne parlo io ti fa male? Ti fa male sentire il suo nome? Eh? Come mai papà? Ti senti in colpa per la sua morte?

DEMUSH –   Stai zitta.

 

Perseta capisce di avere il sopravvento su Demush, parlando di questo argomento, e prende coraggio

 

PERSETA – Oooh… paparino sta soffrendo. Sta soffrendo per il suo pupillo adorato, che ha mandato a morte.  Quindi hai un cuore anche tu…

DEMUSH – Taci!

 

Pausa – silenzio

 

DEMUSH – Perseta, io sono qui per te. Non mi parlare così, non sei tu. Dopo Arian, non posso permettere che anche tu esca dalla mia vita! 

PERSETA – Ma ti ascolti? Cristo santo, ti ascolti? Tu ‘non puoi permettere’. 

Vieni qui dicendo che lo fai  ‘per me’… per me cosa? Per ‘non permettermi’ di vivere la mia vita? È tardi papà. No, non sono più quella ragazza zitta in un angolo. Adesso non puoi più condizionare la mia esistenza. La morte di Arian mi ha aperto gli occhi, devo difendermi da te! 

(pausa)

Mi manca mio fratello… lui mi capiva, ci capivamo. Era fragile Arian, non era fatto per la vita che volevi imporgli. 

DEMUSH – Io non sono responsabile della sua morte! (con dolorosa rabbia repressa)

PERSETA – Ah, no? E non dovevi esserci tu su quell’aereo? “Ma no, mandiamo Arian a questa importante riunione… deve farsi le ossa, deve farsi notare”. In quell’incidente avresti dovuto morire tu. E sarebbe stato meglio per tutti. (dice questo con commozione, non con rabbia) 

 

Un lungo silenzio

 

PERSETA – Non so che mi prende. Non ti pensavo quasi più. Invece ci sono troppe cose che non ti ho mai detto. Mi hai mai considerata? Se fosse stato per te non mi sarei nemmeno laureata. “Le donne devono stare a casa, si devono occupare dei loro uomini”  Certo. Finché sono giovani e belle, come suppellettili, come un trofeo. Povera mamma. La sua vita è finita il giorno che ti ha sposato. Ed è solo grazie a lei se io ho potuto fare le mie scelte… tanto tu non te ne accorgevi neppure, eri troppo occupato e troppo sicuro di te per poter concepire una disobbedienza da parte della ‘tua corte’.

Sì, mi hai fatto vivere in un mondo dorato… Una gabbia, ecco quello che hai saputo costruire per la tua famiglia, una lussuosa, orribile  gabbia. Ma lo sai di cosa hanno davvero bisogno i bambini da un padre, eh? No che non lo sai.

E adesso sono libera. Libera di vivere la mia vita con chi mi ama, con chi mi rispetta e mi valorizza.  Amo Paolo… io qui non sono un inutile soprammobile! 

DEMUSH – Perseta, tu non sei fatta per questo ambiente. L’educazione che ti abbiamo dato, la nostra famiglia… Ma pensa se si venisse a sapere quello che stai facendo…

PERSETA – Ah ecco! Certo! Ecco cosa importa a te. 

DEMUSH – Non è vero… non è solo questo. Ho capito che mi manchi… Non ti chiedo di rinunciare alla tua vita, ti chiedo di riflettere sulla tua scelta, di valutare i pro e i contro…

PERSETA – So cosa voglio.

DEMUSH – Ma come… ti sembra una vita questa? Una vita dignitosa? Torna a casa Perseta, cambierà tutto… te lo prometto. Perché sei così dura? Eri una bambina così dolce…

PERSETA - Non è giusto. Questo non è giusto! Adesso è colpa mia se non sono dolce con te? Ma che ne sai? Come ti permetti? E non cercare di insegnarmi cos’è la dignità.

 

 

Fa per uscire. Demush ha uno scatto di orgoglio e andando verso di lei alza la voce

 

DEMUSH – Perseta io non ti permetto di rivolgerti così  a tuo padre! Smettila altrimenti… altrimenti… (alza il tono, ma la voce spezzata tradisce un cedimento della sua sicurezza)

Dove vai? Vieni qui! (gridando)

 

 

 In quel momento entra Paolo. 

 

 

 

 

SCENA 2

Demush e Paolo

 

Paolo incrocia Perseta, che sta uscendo.

 

PAOLO – Cosa sta succedendo?

PERSETA – È Demush, mio padre.

 

Paolo osserva Demush. C’è un lungo silenzio. 

 

PAOLO –  (a Perseta) Vai. Poi ti raggiungo.

 

Perseta esce. 

Paolo, immobile, osserva Demush che, provato dal confronto con Perseta è rimasto in piedi con le braccia abbandonate lungo il corpo, ma cerca di darsi un tono. 

Si scrutano  in silenzio.

 

PAOLO – Eppure sembri normale. Sembri una brava persona.

DEMUSH – Io sono una brava persona.

PAOLO – Davvero? Non mi risulta.

DEMUSH – Anche a me non risulta che tu sia una brava persona

PAOLO – Ma io non l’ho mai affermato, mentre tu lo hai appena fatto…

DEMUSH – Non starai cercando di metterti a confronto con me?

PAOLO – Non mi permetterei mai…

DEMUSH – Ecco.

PAOLO – Dipende di cosa stiamo parlando.

DEMUSH – Stiamo parlando di Perseta.

PAOLO – Appunto. Allora non ci può essere confronto.

DEMUSH –  Appunto.

PAOLO – Ma non nel senso che credi tu.

DEMUSH – Cosa pensi che io creda?

PAOLO – Penso… che tu creda di essere, per Perseta, la scelta giusta.

DEMUSH – Sono suo padre.

PAOLO – La scelta giusta per Perseta non passa per il confronto fra te  e me, né di nessun altro. La scelta spetta solo a lei.

DEMUSH – Non dire sciocchezze.

PAOLO – E lei l’ha già fatta quella scelta.

DEMUSH – Non è una scelta la sua! 

PAOLO – Perseta è una persona fragile, ma ora sa cosa vuole. La sua fragilità proviene solo dalla mancanza di affetto e di attenzioni che ha subito.

DEMUSH –  Cosa vuoi saperne tu? 

PAOLO – So tutto. Molto di più di quello che pensi. Perché sei qui Demush? Sentiamo…

DEMUSH – Voglio la felicità di Perseta. 

PAOLO –  Sicuro?

DEMUSH – Sicuro. Non mi perdonerei mai se…

PAOLO –  Se… cosa? Cos’è che ti preoccupa?

DEMUSH – Io… lo so che… (un lungo silenzio) Lo so… ora.  Eppure non le ho fatto mai mancare niente. Niente. Ma…

PAOLO – Io amo Perseta. Se è questo che ti preoccupa. L’amore, qui, non le mancherà mai. 

DEMUSH – Ma lei vuole il mio amore, e io voglio darglielo. Tu sei un capriccio per lei. La reazione di una ragazzina. Ha solo bisogno di attenzioni, la conosco io. Lo sai che sta facendo qui? Mi chiede di riportarla a casa, ecco cosa, anche se lei non lo ammetterà mai. Siamo una famiglia noi, tu non ne sai niente, vedi solo la superficie.  Non ti lascerò mia figlia. Non la avrai. Tu sei solo di passaggio.

PAOLO – Un capriccio? La reazione di una ragazzina?  Demush, per l’amor di Dio… Perseta ha vent’anni, è maggiorenne. Per colpa tua  non è mai stata una ragazzina. Sei in ritardo, credimi. Tua figlia è molto più matura e cosciente di quanto tu creda.

DEMUSH – Per una come lei il tuo mondo è inconcepibile. Sai da dove viene, no?  Sai chi è la sua famiglia. Lei vuole solo tornare a casa, fidati.

PAOLO - Quale casa Demush ? Quale famiglia? Ciò che è inconcepibile per Perseta, è proprio quel mondo. Il tuo mondo. 

DEMUSH – Certo, come no?

PAOLO – Non sono le mura dorate che fanno una casa, ma è quello che c’è dentro. L’amore che c’è dentro. Adesso, se mi vuoi scusare… Perseta mi aspetta. Fai come se fossi a casa tua. Non chiedere il conto. È tutto pagato.

 

Paolo esce.

Demush rimane un attimo immobile, poi prende dal tavolo il suo cappello, ed esce. 

 

Sul pannello la silhouette della ballerina sfuma insieme alla musica, andando a buio, mentre su un lato del proscenio si accende lentamente una luce gialla e fioca, come di un lampione.

 

 

SCENA 3

Demush e Jolanda

 

Demush rientra in scena dal lato opposto da dove era uscito, e si siede su un muretto sotto la luce del lampione, in proscenio. Prende dalla tasca il cellulare e fa una chiamata. 

 

DEMUSH – Jolanda… sì sono io

JOLANDA – …

DAMUSH – Sì, l’ho trovata

JOLANDA – …

DEMUSH – Sì, sta bene, sta bene.  (pausa) Tu lo sapevi.

JOLANDA – …

DAMUSH – Come cosa? Della partenza, di Paolo, di tutto. 

JOLANDA – …

DEMUSH – Non rispondi? Eh? Non hai il coraggio di rispondere?

JOLANDA – …

DAMUSH – Come avete potuto? Come vi siete permessi di fare questo alle mie spalle? Rispondimi!

JOLANDA –…

DAMUSH – Come non hai niente da dirmi? Mi devi una spiegazione!

JOLANDA - …

DAMUSH – No, voglio una spiegazione!

JOLANDA - …

DEMUSH – Non cambiare discorso!

JOLANDA – …

DAMUSH – Non cambiare discorso, ti ho detto!

JOLANDA – …

DEMUSH – Cosa c’entra Arian? Lascia perdere Arian!

JOLANDA – …

DAMUSH – Non è vero!

JOLANDA – …

DEMUSH – Non è vero, non dire così! Non ti permetto di dire così!

JOLANDA – …

DAMUSH – Non ne sono responsabile!

JOLANDA – …

DAMUSH – Jolanda taci!

JOLANDA - …

DEMUSH – (Gridando e notevolmente scosso da quella reazione inaspettata della moglie) Basta! Lui era la cosa più preziosa che c’era, mai avrei voluto fagli del male! mai! Come potete solo pensare che io sia responsabile della sua morte? (via via cede) Era solo troppo … Sì era troppo molle, troppo inconsistente, un ragazzo che doveva farsi uomo! come avrebbe potuto affrontare la vita uno come lui? Ho solo cercato disperatamente di … 

JOLANDA - …

DEMUSH – No! Che dici? Ma che significa “accettarlo”? la vita è dura! La vita è difficile Jolanda! Volevo solo che fosse più forte, pronto a… 

JOLANDA - …

DEMOUSH – Avevo solo paura che la vita lo avrebbe schiacciato. (pausa, farfuglia qualcosa) scusa… non so più niente…      

 

Demush interrompe la telefonata incapace di trattenere la commozione. Rimane un attimo in sospeso a ripensare allo scontro appena avuto, poi scoppia in un pianto che tenta di reprimere senza riuscirci.

Lentamente si riaccende la luce dietro il pannello, entra una musica e appare la silhouette di una ballerina al palo. 

 

 

SCENA 4

Demush e Perseta 

 

Demush rientra in scena e va a sedersi al tavolino da cui osserva la performance. La ballerina finisce il numero, indossa una vestaglia ed esce da dietro il pannello: è Perseta, che si avvicina al tavolo dov’è seduto Demush. 

 

 

PERSETA – Papà… ancora qui?

 

Demush rimane seduto, in silenzio, guardandola

 

PERSETA – Cosa vuoi ancora?

DEMUSH – Perseta…

 

Perseta lo guarda rimanendo immobile, in piedi.

 

DEMUSH – Perseta ascolta… io ti voglio dire… ti voglio spiegare…

PERSETA – Cosa papà? Cosa c’è da spiegare? Ti prego, lasciami in pace. Non voglio spiegazioni, non voglio più sentire le tue parole…

DEMUSH – Ma io voglio dimostrarti…

PERSETA – Cosa papà? Vuoi dimostrarmi che hai ragione? Come sempre? Io non sopporto più tutto questo, lo capisci? Ho sofferto troppo. Ora basta.

DEMUSH – ( si alza) Ma no, Perseta, ascoltami… ascoltami. Fammi parlare. Per favore.

Io… ora… lo so. Sì, lo so. Non è facile per me. Ma… ho… capito. 

Non è facile… no, non è facile.

Tutto quello in cui ho creduto sempre. La mia educazione… lo sai.

Sai com’era mio padre…  

Non esistevano le mezze misure.

Non ho mai tradito le sue aspettative, mai! Ho sempre eseguito tutto alla lettera.

“Bravo!” mi diceva… ma una carezza da lui non l’ho mai ricevuta. 

E mi è sembrato normale. Giusto. Una buona educazione.

Mi è sembrato normale fare lo stesso con i miei figli, capisci? (silenzio) Io non lo so come si ama Perseta. 

Mi sento solo un peso sul cuore, adesso, che vorrei morire. 

Se solo tu potessi un giorno perdonarmi allora forse… 

 

Silenzio

 

PERSETA – Hai avuto bisogno di tutto questo. 

C’è voluta la morte di tuo figlio… e la mia fuga, per  obbligarti a metterti di fronte alla tua vita. 

Quanto dolore inutile…

DEMUSH – Io ho bisogno… ho bisogno… di sapere se tu mi potrai perdonare.

 

Silenzio

 

DEMUSH – Ne ho bisogno capisci?

 

Perseta lo osserva in silenzio

 

PERSETA – Buon viaggio papà. (fa per allontanarsi)

DEMUSH – Perseta, ti prego! Ti prego (si alza)

PERSETA – (torna indietro) Non lo so.

DEMUSH – Perseta…

PERSETA – Non so se ti potrò perdonare. Non lo so, adesso.

DEMUSH – Ascoltami…

PERSETA – Ho sofferto troppo papà. Ed è passato troppo tempo. Forse il tuo cuore si sta sciogliendo, ma il mio… ha dovuto imparare ad essere duro. Non lo so.

DEMUSH – Perseta , guardami (afflitto)

PERSETA –  Mi dispiace. (fa per allontanarsi di nuovo)

DEMUSH – Ti prego… (disperato, gridando) Ho bisogno del tuo amore!

 

Perseta si ferma. Si gira verso di lui e lo guarda da lontano. Poi lentamente gli si avvicina. Si siede. Anche Demush si siede di nuovo. Restano a lungo in silenzio, si  calmano. Entra una musica dolce di sottofondo, leggera.

 

DEMUSH – Sei brava. A ballare intendo. Non lo sapevo.

 

Perseta lo osserva, lo ascolta con un iniziale senso di pena che lentamente si trasforma  in una sorta di tenerezza. Vede per la prima volta  in quel vecchio una persona fragile.

 

DEMUSH – Sai, ho capito anche che mi sbagliavo riguardo a Paolo. È un bravo ragazzo.

Ho capito che ti ama. Davvero. Da come ti ha difesa.

PERSETA – Papà…

DEMUSH – Shhh… ascolta. Non è troppo tardi. Anche lui è benvenuto nella nostra famiglia.

PERSETA – Papà senti…

DEMUSH – Aspetta…

PERSETA – Papà. Noi siamo già una famiglia. (pausa)  Aspetto un bambino.

 

Demush si blocca e  non riesce a reprimere un impeto di  felicità che gli fa venire le lacrime agli occhi. Si guardano in silenzio.

 

DEMUSH – Sarò nonno…

PERSETA – Sì papà. 

DEMUSH – Quando lo saprà la mamma… è maschio o femmina?

PERSETA – Maschio.

DEMUSH – E avete già deciso il nome… come lo chiamerete?

 

Perseta resta in silenzio per un momento.

 

PERSETA – Avevo pensato di chiamarlo Arian…

DEMUSH – Oh, si.

PERSETA – Ma forse…

DEMUSH – Arian sì… Arian è un nome bellissimo!

PERSETA – Ma è troppo pieno di dolore…

DEMUSH – Sì, ma…

PERSETA – Forse... invece… chissà… si potrebbe chiamare Demush.

DEMUSH – Cosa? Demush ? Se Arian è troppo pieno di dolore, Demush è troppo pieno di colpe! Non voglio che mio nipote porti nel nome un fardello così pesante!

PERSETA – Papà… Vedi papà?  Ti stai ascoltando? 

DEMUSH – No, no. Non voglio

PERSETA – Papà ascoltati… fino a ieri non solo saresti stato orgoglioso che un tuo nipote prendesse il tuo nome… lo avresti preteso.

 

Demush la ascolta in silenzio, commosso. 

 

PERSETA – Forse , da oggi, Demush è un nome nuovo. Anche per te.

 

Demush si avvicina a Perseta. Si inginocchia vicino a lei e, timidamente, appoggia una mano sul suo ventre. 

Lentamente la luce va al buio.

​

SIPARIO

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